domenica 12 ottobre 2014

"ER" "SIMULÀCRUM" "AMÒ", Luigi Ontani alla GAMeC


La GAMeC ospita fino all'11 gennaio la mostra "ER" "SIMULÀCRUM" "AMÒ" dedicata alle opere fotografiche di Luigi Ontani.
Il titolo include una parola cara a Ontani, 'simulacro', rinchiusa tra due altre parole ricavate dalla parola 'Bergamo'.
Ontani è nato nel 1943 in un paesino ai piedi del Montovolo, in provincia di Bologna.
Dopo aver studiato all'Accademia di belle arti di Bologna inizia la carriera artistica negli anni settanta, trasferendosi presto a Roma, dopo aver lasciato il lavoro da ragioniere.
In un periodo dove la tendenza artistica andava verso la Minimal Art e l'arte povera, con la loro esenzialità. Ontani decide invece di incentrare il suo lavoro sul corpo e sulla sua espressività. Comincia a farsi notare per i suoi "tableux vivants", performance che spesso riprendono giochi dell'infanzia come fare le bolle di sapone o saltare e soprattutto fotografie di se stesso che interpreta diversi personaggi del mondo della mitologia, della Storia, della storia dell' arte.
Ontani si presenta mascherato in vari modi: da Pinocchio a Dante, da San Sebastiano a Bacco, spaziando nella cultura indiana e mescolando la con quella occidentale. 
Si definisce un narcisista, ma allo stesso tempo la scelta di usare il proprio corpo per esprimersi, sottolinea come per lui arte e vita siano una cosa sola. Ontani si arrabbia quando parlando delle sue opere i critici le definiscono 'lavori'...per lui l'arte è vita, non un mestiere! Anche il suo stile nel vestire, da dandy del terzo millennio, rimanda a un'immagine di artista a 360º, difficile da trovare nelle nuove generazioni.
Ontani definisce la sua opera un 'viaggio esistenziale estetico': una ricerca del tutto personale che lo porta a viaggiare idealmente in tempi e spazi altri, remoti, esotici o immaginari.
Nell'opera di Ontani non manca anche una buona dose di ironia, a partire dai titoli che sceglie per le sue opere (pensiamo agli Stravizi Capitalistici, o a Costante Dante Pedante...), ma dietro a questo aspetto giocoso e ironico si nasconde una miriade di dettagli e significati nascosti che rivelano sapienti rimandi alle più diverse culture. Ci si scontra sempre con un’ambiguità volutamente irrisolta.
Autodidatta, Ontani ha approfondito negli anni lo studio di numerosi aspetti culturali spesso trascurati quali l'esoterismo, le tradizioni popolari, la maschera... ma anche la letteratura, la poesia, la mitologia, l’arte antica e elementi culturali di matrice orientale, assimilati durante i frequenti viaggi in India. È sulla base di questa cultura ampia e sfaccettata che nascono le sue opere.


Nel corso della sua lunga attività Ontani ha espresso la sua creatività e poetica attraverso l'uso di molte tecniche: dagli oggetti pleonastici (1965-69) elementi in scagliola verniciati con colori brillanti al limite del kitsch, alla 'stanza delle similitudini' composta da elementi ritagliati in cartone ondulato. Ontani ha spesso anticipato l'uso di tecniche adottate in seguito da altri artisti, i primi video super 8 in bianco e nero sono stati girati dal 1969 al 1972. 
Ma è la fotografia che più lo rappresenta e la mostra bergamasca si incentra proprio su questo aspetto della sua carriera e nell' ambito della fotografia ebbe non poche difficoltà negli anni Sessanta a trovare stampatori in grado di realizzare stampe dei suoi autoritratti a grandezza naturale, una novità per l'epoca.
Dopo il duemila molte sue opere degli anni Settanta e Ottanta sono state riprodotte con la tecnica della fotografia lenticolare e ne vediamo alcuni esempi in mostra.


































sabato 4 ottobre 2014

Curculio bassos, Mark Manders a Santiago

Fino al 12 ottobre il Museo Gallego di Arte Contemporanea di Santiago de Compostela, CGAC, ospita la mostra dell'artista olandese Mark Manders, Curculio bassos.
L'artista, già protagonista del padiglione olandese nella scorsa Biennale d'Arte Contemporanea di Venezia espone per la prima volta in Spagna; la scelta del curatore, per l'occasione, è stata quella di tenere in parte un punto di vista retrospettivo e in parte scegliere di dialogare con lo spazio espositivo del museo. 
Ma partiamo dal titolo della mostra, evocativo del mondo entomologico...e cosa salta fuori? ...lui, il Curculio o curculione, l'insetto che un po' di mesi fa si era introdotto abusivamente in un altro mio post! ...ma a Manders non interessa tanto l'insetto in sè, quanto piuttosto il suo nome, la parola...per lui il linguaggio è come un pezzo di creta che può essere modellato sul tornio: una frase, una parola, possono essere trasformate fino a precludere una logica interpretazione...sono trasformate in un' aspettativa. "Aspettativa" è un termine particolarmente adatto a definire il lavoro di Menders, poichè nulla è ciò che inizialmente sembra essere e tutto, per essere compreso necessita una lettura dettagliata, senza la quale sarebbe facile ingannarsi. Pensiamo ai giornali da lui prodotto: apparentemente normali, ma senza data, dove le notizie raccontate possono essere accadute in qualunque momento della storia. Oppure le sculture, apparentemente d'argilla, sono in realtà solidi bronzi dipinti in modo da ricreare l'effetto dell'argilla fresca.



Tutto il lavoro di Mark Manders è in tensione tra linguaggio e forma.
Appena diciottenne, iniziò a lavorare all'opera Self Portrait as a Building, di cui poi espose delle parti nelle mostre successive, un esempio di come i pensieri acquistano forma; come in Hallway with Sentences, un opera testuale comprendente un gruppo di circa settanta parole in ordine alfabetico con cui comporre frasi in maniera casuale. Alcune di queste frasi hanno dato origine a un'installazione, il pensiero dunque, che prende forma, una forma scultorea.
Un altro esempio di materializzazione del pensiero è nelle teste di creta inserite tra pannelli di legno, Unfired Clay Head;

 in questo caso il linguaggio visivo della scultura si unisce al linguaggio musicale, poichè i pannelli di legno, che fungono da corde, sono disposti ai lati delle teste (al posto delle orecchie), formando un armonioso accordo musicale.
Una parola o una nota possono in Manders dare il via a un incontenibile flusso creativo.
Entrando nella galleria troviamo la riproduzione di una parte dello studio dell'artista a Ronse, in Belgio, che lui non abbandona quasi mai e che ha diverse stanze dedicate a diversi processi artistici in corso. 






Nella disposizione delle opere e degli oggetti nello studio, si percepisce come per Manders il 
tempo si un tutt'uno in cui passato, presente e futuro si sovrappongono. Laddove si trovano pezzi di scultura si può presumere che sono diverse parti destinate a essere unite o potrebbero anche essere frammenti di una scultura completa del passato...o entrambe le cose...o nessuna di esse.
In Living Room Scene, Manders pone due figure umane di creta sopra dei mobili, dividendole in due metà tramite pannelli di legno, miracolosamente sospese sopra due piedistalli di legno e mattoni. 



Così divise e sospese, le figure ci parlano del rapporto tra l'individuo e il suo doppio e della dualità presente nell'individuo in sè. Come tutte le sue opere, anche questa contiene infinite sfumature interpretative; i mobili ci rimandano alla dimensione della vita quotidiana, domestica, ma al tempo stesso si può percepire un'assenza, le due figure sono indifferenti, non comunicano con noi, vivono in un tempo melancolico, a noi alieno.



Manders nel suo lavoro spesso intraprende un viaggio nel tempo, trasferendosi in epoche in cui avrebbe voluto vivere e in eventi a cui avrebbe desiderato prendere parte, magari finendo per fondere insieme diverse epoche, come in National Cupborad. 




In quest'opera un tamburo è allungato fino a somigliare a una bara, una forma fallica in cui sono imprigionati due ratti imbalsamati e delle immagini di tortura tratte da un libro di Bataille. Fuori, alcune immagini di dipinti di Balthus, Cranach e Leonardo, una poltrona e una stereo...un mix di oggetti familiari e strani, che rimandano alla morte, alla sessualità e alla vita quotidiana riletta in una chiave estraniante.
Un'atmosfera macabra e misteriosa pervade Nocturnal Garden Scene, che evoca una visione notturna del paesaggio visto dallo S.M.A.K. Di Ghent.



L'artista è interessato a riflettere sul perché il corso egli eventi avviene in un verso e non in un altro, perché il pensiero prende una certa direzione e in quali circostanze questa si può alterare. Nel caso di quest'opera, un gatto diviso a metà, con due bottiglie nere, si trasformano da lontano in un paesaggio in cui gli elementi che lo compongono, visti in lontananza, finiscono per apparire altro da ciò che sono realmente...una visione distorta del reale in cui le premesse (il titolo) e le nostre aspettative, finiscono per indirizzare su un'altra via non solo il nostro pensiero ma anche la nostra visione.
È inoltre interessante osservare il lavoro di Manders in una città come Santiago, dove la scultura romanica è protagonista, specie alla luce delle parole dello storico dell'arte Henri Focillon, che sostiene che il romanico ci invita a entrare in sogni persi in rappresentazioni lontane nel tempo e nello spazio, sogni che evocano un'umanità altra, sogni organizzati in complesse, enigmatiche combinazioni. Nella scultura romanica le forme umane si fondono con quelle animali, restando sempre in perfetta relazione con l'architettura. In Life-Size Scene with Revealed Figure, vediamo un'immagine scura su un fondo oro che rimanda a certe opere di carattere religioso, come avvolta da un'aura di misticismo, connessa allo stile romanico in termini di un'ibridazione di motivi e linguaggi.



Infine, nell'emblematico Doppio Spazio della CGAC, Manders dispone una delle sue opere più note, esposta a Documenta 11, nel 2002 e qui riadattata all'ambiente: Staged Android (Reduced to 88%). Si tratta di un'altro episodio che compone il già citato Self Portrait as a Building, un organismo attraverso cui fluiscono i pensieri; gli elementi della quotidianità: tavoli, sedie, accozzati attorno a una ciminiera di mattoni, uno dei motivi più riconoscibili del lavoro di Manders. Lungo la ciminiera, piccole bustine di tè, ne ristabiliscono le proporzioni e sussurrano una parola...