mercoledì 16 settembre 2015

Biennale di Venezia 2015: All the World's Futures/ I Giardini






Tutti i Futuri del Mondo è il titolo scelto per la 56° Biennale di Venezia. 
Francamente per me è stata una Biennale un po' deludente, pochissime le opere che mi hanno colpito e ho trovato difficoltà a cogliere un'analisi del tema proposto: più che di futuro mi è sembrato che spesso le opere parlassero di passato o presente... forse questo è il risultato di un epoca dove il futuro non è è visto come uno stimolo, ma è vissuto con ansia e fa paura, così si finisce per ripiegare sul passato. Analizzare il passato è senz'altro una chiave per capire il presente e progettare il futuro, ma ma è proprio questa fase di slancio e di immaginazione del futuro che era assente. Mi vien da pensare a come si sarebbero comportati artisti come Malevich o i futuristi di fronte a un tema del genere; eppure anche loro non vivevano un periodo storico facile. Non parlo di ottuso ottimismo, ma se nemmeno l'arte "rampa fuori dalla crisi" (per dirlo alla bergamasca) siamo proprio messi male.
Alla fine il commento più azzeccato per quest'anno è quello che ho trovato su questa lavagna:


 forse stavolta vince Gardaland!
























Il bar di Tobias Rehberger, che vinse la Biennale del 2009, offre sempre la possibilità di far foto interessanti


Gli spagnoli sono andati a ripescare Dalì, a prendere in giro ancora un po' l'Italia di Berlusconi e del bunga bunga...non che nel loro paese abbiano un governo di cui possano andare tanto più fieri.







Il padiglione belga, Vincent Meessen ha deciso di non esporre da solo ma invitando dieci artisti, alcuni dei quali di origine africana per parlare della storia coloniale. 



 una versione del gioco degli scacchi dove le pedine bianche e nere, incontrandosi non si eliminano ma si incastrano l'una nell'altra formando una nuova pedina bicolore.






 Per combattere la malaria le persone uccidevano le mosche causa della diffusione, che poi vendevano a peso.




 Maryam Jafri mette a confronto una serie di fotografie ufficiali del governo congolese con foto di un'agenzia fotografica internazionale.


Uno dei padiglioni che ho preferito è quello olandese con le opere di Herman De Vries.
Entrando si trova un profumato cerchio di boccioli di rosa damascena



la voce dell'artista ripete la parola Infinity, con una breve pausa tra in e finity, come a creare un mantra in cui i concetti di finito e infinito si compenetrano.


I am what I am. Flora incorporata

In un video vengono riportati i nomi delle piante di cui l'artista si è nutrito o con cui si è curato nella sua vita.








Un giornale creato raccogliendo elementi naturali nella laguna di Venezia


Una raccolta di terre da tutto il mondo da cui si ricavano diversi pigmenti


Una persona nuda beve a un ruscello: l'acqua è elemento fondamentale per la vita. Bevendo ed eliminando l'acqua facciamo entrare il nostro corpo in un flusso vita che incorpora uomo e natura.

Una delle opere più suggestive di quest'anno è stata l'installazione di Chiharu Shiota, intitolata The key in the hand, nel Padiglione del Giappone. Per realizzare quest'opera, l'artista ha lanciato un appello per trovare vecchie chiavi raccogliendone quasi 180.000; le ha legate a groviglio di fili rossi che si collegano a delle barche da pescatori e si tendono fino al soffitto. Le chiavi rappresentano le cose a cui teniamo e che perciò conserviamo con cura, mentre il filo rosso rappresenta la memoria, i ricordi. Nei sei mesi di durata dell'esposizione migliaia di visitatori vedranno quest'opera e ognuno si perderà, osservandola, dietro al filo dei suoi ricordi, che inevitabilmente si intrecciano con i ricordi di altre persone...


Ai bambini in questi video è stato chiesto: come sei venuto al mondo? e cosa c'era prima che tu nascessi?




Il futuristico mondo del padiglione coreano






Lo strano bazar del padiglione canadese



Il padiglione norvegese in una suggestiva installazione




Finlandia: Hours, Years, Aeons

Un' installazione del duo IC-98: il video di un paesaggio in cui le forze naturali e della tecnologia umana si intrecciano: passano le ore, gli anni, le energie vitali (aeons) si consumano, le forme di vita si trasformano...gli alberi erediteranno la terra, ma che tipo di terra?



Nel padiglione russo, Irina Nakhova rende omaggio anche a Malevich nel centenario del Quadrato nero su fondo bianco, creando una doppia stanza nera con pavimento/soffitto trasparente che crea suggestivi effetti di luce.



Il padiglione ungherese, i tubi e i percorsi ideati da Szilàr Cseke 


Le sculture di Sarah Lucas nel padiglione giallo crema della Gran Bretagna





Dentro e fuori il padiglione francese, alberi che crescono su zolle che si spostano lentamente grazie all'energia prodotta dall'albero stesso


La wunderkammer del padiglione australiano...






Le delicate architetture o circuiti di Marco Maggi nel padiglione Uruguayano




...nel padiglione tedesco si svolge quotidianamente una performance in cui due persone sul tetto dell'edificio si lanciano un boomerang tracciando diverse traiettorie





Joan Jonas per il padiglione statunitense ha ricevuto una menzione speciale. Un allestimento in cui ripropone brani di video e di altri momenti del suo lavoro. Le immagini si sovrappongono e danzano come fantasmi del passato: figure evanescenti, ricordi d'infanzia.
Nella sala centrale, artista rende omaggio a Venezia:una serie di specchi fatti realizzare a Murano restituiscono la luce di una sorta di lampadario veneziano, richiando anche una sua performace del '69, Mirror








Nel padiglione polacco: ispirati dalla visione del film Fitzcarraldo, gli artisti C.T. Jasper e Joanna Malinowska decisero di portare l'opera nazionale polacca Halka in un villaggio di Haiti collegato con la Polonia dai tempi di Napoleone perché diversi militari polacchi si trasferirono là per difendere le colonie.




La Darwin's Room di Adrian Ghenie nel padiglione rumeno.
Partendo dagli autoritratti del naturalista Ghenie crea una galleria di dipinti suddivisa in tre sottotemi: La Tempesta, metafora dell'inquietudine della vita sotterranea; Galleria di Ritratti: che indaga alcune figure importanti della storia moderna: da Hitler a Lenin a Van Gogh; le dissonanze della Storia, in cui l'artista crea un puzzle di fatti storici per lui inesplicabili o in cui è difficile riscontrare un legame logico tra fatti e loro conseguenze.




Il volutamente disastrato padiglione greco riproduce una bottega in una zona rurale che vende pelli d'animali ed è un luogo di ritrovo sociale per la comunità.




Nel padiglione brasiliano Antonio Manuel, Berna Reale, André Komatsu, nell'esposizione So Much That It Doesn't Fit Here, a cura di Luiz Camillo Osorio mettono in evidenza in evidenza le barriere urbane che diventano spesso di conseguenza barriere sociali. 










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