venerdì 6 dicembre 2013

A Mandela

Ieri sera e' morto Nelson Mandela. Aveva 95 anni. Mi piace pensare che Dio gli abbia voluto regalare una lunga vita per compensare i lunghi anni trascorsi in carcere e poter vedere i propri figli e nipoti crescere liberi in un Paese libero. Una lunga vita, come lungo e' stato il cammino verso la libertà, una vita che ha attraversato la storia di un Paese e l'ha cambiata con la forza delle idee, della perseveranza, dell'amore.
Molte volte quando sentiamo parlare di uomini come Mandela tendiamo a vederli come esseri eccezionali, degli eroi, dei miti; ma Mandela era solo un uomo, una persona esattamente come me e te.
Una sera, alla presentazione di un film, ho avuto l'occasione di vedere e ascoltare dal vivo Alberto Granado, amico di gioventù di Che Guevara, che ha compiuto con lui un viaggio in motocicletta in America Latina durato un anno, in cui i due amici hanno potuto conoscere la realtà di un continente con le molte cose buone e belle e le molte altre cose sbagliate e ingiuste che andavano cambiate.
Non mi dimenticherò mai le parole di incoraggiamento che ha avuto Alberto Granado per i giovani presenti quella sera, in cui ha voluto ribadire che il Che non è un mito inarrivabile o una faccia su una bandiera, ma un uomo esattamente come noi, con un grande desiderio di giustizia e uguaglianza che lo ha portato a mettere tutta la sua vita al servizio di questi ideali.
Anche noi possiamo cambiare il mondo, anche noi se crediamo veramente in qualcosa possiamo e dobbiamo fare qualcosa per cambiare le cose sbagliate; non servono qualita' eccezionali, bisogna solo non aver paura di agire e non lasciarsi fermare da chi ci vuol far credere che nulla puo' cambiare.
Il Papa e' forse rimasto l'unico oggi a dire ai giovani di non avere paura, a invitarli a mettere in gioco le proprie vite per i grandi ideali.
Anche Mandela, era solo un uomo, con una famiglia, dei figli, un lavoro da avvocato...anche lui avrebbe potuto pensare a coltivare la sua carriera, i suoi interessi personali, anche lui come molti di noi, avrebbe potuto, per paura o per quieto vivere, chiudere gli occhi di fronte alle discriminazioni subite dal suo popolo, di fronte alle ingiustizie perpetrate in Sudafrica. Ma aveva un sogno, il sogno di un Paese democratico, dove bianchi e neri potessero vivere in pace da fratelli con uguali diritti e opportunità.
Ha trascorso 27 anni della sua vita in una minuscola cella del carcere di Robben Island, ma quelle quattro mura non hanno potuto rinchiudere quel sogno, che lentamente, ha continuato a crescere e si è avvinghiato sulle sbarre di quella finestrella affacciata sul nulla e con la forza della perseveranza le ha spezzate.
Una volta liberato ed eletto presidente del Sudafrica, Nelson Mandela non ha cercato vendetta, ma pace e perdono, poiché "Il perdono libera l'anima e cancella la paura, per questo è un'arma così potente".
Se dunque Mandela era solo un uomo, pensiamo a quante cose potremmo fare se da uomini e donne mettessimo tutta la nostra volontà e perseveranza per cambiare ciò che non va, per riparare alle ingiustizie, per lottare contro le iniquità.
Lo dico innanzitutto a me stessa: smettiamo di lamentarci delle cose sbagliate e iniziamo ad agire per cambiarle, mettendo da parte paure ed egoismi...il cammino può essere lungo e difficile, " non c'è nessuna strada facile per la libertà"; il cammino può durare una vita, forse più di una vita, e non ne vedremo i risultati, come e' accaduto per Martin Luther King, ma ciò non ci deve distogliere dal perseverare.
Quando mi capiterà di assistere a un'ingiustizia, una discriminazione, un abuso, voglio ricordarmi di uomini come Mandela e voglio ricordarmi che erano persone, come me, e se loro sono riusciti a cambiare il mondo posso cambiarlo anch'io.

Grazie di averci mostrato la strada Madiba.



Trascrivo qua sotto la favola di Gianni Rodari: "Giacomo di cristallo", che io amo molto e credo che possa essere un punto di partenza interessante per parlare ai bambini di Mandela e di altri come lui che hanno perso la propria libertà per conquistare una più grande, e per farli riflettere su come, per citare Guccini, "non si possono rinchiudere le idee in una galera".

Una volta, in una città lontana, venne al mondo un bambino trasparente. Attraverso le sue membra si poteva vedere come attraverso l'aria e l'acqua. Era di carne e d'ossa e pareva di vetro, e se cadeva non andava in pezzi, ma al più si faceva sulla fronte un bernoccolo trasparente.

Si vedeva il suo cuore battere, si vedevano i suoi pensieri guizzare come pesci colorati nella loro vasca.

Una volta, per sbaglio, il bambino disse una bugia, e subito la gente poté vedere come una palla di fuoco dietro la sua fronte: ridisse la verità e la palla di fuoco si dissolse. Per tutto il resto della sua vita non disse più bugie.

Un'altra volta un amico gli confidò un segreto, e subito tutti videro come una palla nera che rotolava senza pace nel suo petto, e il segreto non fu più tale.
Il bambino crebbe, diventò un giovanotto, poi un uomo, e ognuno poteva leggere nei suoi pensieri e indovinare le sue risposte, quando gli facevano una domanda, prima che aprisse bocca.
Egli si chiamava Giacomo, ma la gente lo chiamava “Giacomo di cristallo”, e gli voleva bene per la sua lealtà, e vicino a lui tutti diventavano gentili.
Purtroppo, in quel paese, salì al governo un feroce dittatore, e cominciò un periodo di prepotenze, di ingiustizie e di miseria per il popolo. Chi osava protestare spariva senza lasciar traccia. Chi si ribellava era fucilato. I poveri erano perseguitati, umiliati e offesi in cento modi.

La gente taceva e subiva, per timore delle conseguenze.

Ma Giacomo non poteva tacere. Anche se non apriva bocca, i suoi pensieri parlavano per lui: egli era
trasparente e tutti leggevano dietro la sua fronte pensieri di sdegno e di condanna per le ingiustizie e
le violenze del tiranno. Di nascosto, poi, la gente si ripeteva i pensieri di Giacomo e prendeva speranza.

Il tiranno fece arrestare Giacomo di cristallo e ordinò di gettarlo nella più buia prigione.
Ma allora successe una cosa straordinaria. I muri della cella in cui Giacomo era stato rinchiuso diventarono trasparenti, e dopo di loro anche i muri del carcere, e infine anche le mura esterne. La gente che passava accanto alla prigione vedeva Giacomo seduto sul suo sgabello, come se anche la prigione fosse di cristallo, e continuava a leggere i suoi pensieri.
Di notte la prigione spandeva intorno una grande luce e il tiranno nel suo palazzo faceva tirare tutte le tende per non vederla, ma non riusciva ugualmente a dormire.
Giacomo di cristallo, anche in catene, era più forte di lui, perché la verità è più forte di qualsiasi cosa, più luminosa del giorno, più terribile di un uragano.












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